Il pensiero digitale nello scatto a pellicola.

Oggi farò una mezza polemica (per quello che può valere un appunto su un diario personale come questo), ma ormai i luoghi comuni si sprecano e io credo che le cose non stiano sempre come ce le raccontano.

I messaggi dei big della vecchia guardia fotografica si alternano periodicamente quasi tutti nella stessa direzione di fondo, quella che il digitale abbia appiattito, reso le cose facili per chi non ha consapevolezza delle proprie azioni, correggere gli errori in corso d’opera (visto stranamente come difetto), e chi più ne ha più ne metta.



Io invece vorrei dire grazie al digitale, e lo vorrei dire da appassionato della fotografia a pellicola autogestita, viaggio sempre con (almeno) un corpo digitale e uno a pellicola e spesso uso il digitale per previsualizzare o perfino per esporre le foto che dopo scatto anche a pellicola. Il vantaggio del feedback immediato, capire gli errori e le difficoltà in sede di ripresa, poter annotare pensieri e direzioni che poi applicheremo in stampa… 
Insomma viva il digitale, si fa pratica e si acquisiscono consapevolezze nel sempre delicato rapporto tra intenzione-azione-risultato, e quando si sarà davanti allo scatto “importante” avremo meno rischi di commettere errori, ma anche un pensiero valutativo più pronto ad interpretare la scena, consapevole. 


Ecco, il digitale aiuta la consapevolezza anche per chi scatta a pellicola, e non è solo una palestra perché in fin dei conti l’obiezione più facile che ci verrebbe da pensare è che il mezzo è irrilevante se si raggiunge un fine prefissato, ma poi le cose non stanno davvero così, perché la foto, quando avviene in maniera compiuta, non prescinde dal mezzo, diventa materia e per quanto ci si possa smanettare intorno è vincolata alle nostre possibilità quotidiane reali e non agli ipotetici “poi la sistemo e la faccio stampare come voglio”. 
Il vero problema è che le nostre possibilità quotidiane sono per lo più un software di fotoritocco e magari una stampante ink jet, ma usare il primo è gratis, come scattare un file, mentre il resto...

La fotografia è un atto compiuto non una potenzialità latente, è qualcosa che va chiuso e lasciato vivere di vita propria, è come stampare un vinile della propria musica, quando lo hai finito non è più cosa tua, andrà per la sua strada (o rimarrà negli scatoloni del tuo garage), serve un atto di coraggioso distacco.

Ecco questa forse è l’unica cosa che il digitale non ci insegna e che spesso nasconde sotto il tappeto del salotto pensando che ignorandola smetta di esistere, troppo spesso lo scatto digitale lasciato su un supporto di memoria è un alibi che raccontiamo a noi stessi, pensando che in un tempo indefinito del futuro potremo rimettere mano sulle foto e risolvere lo step mancante, magari, un giorno.








© Renato Greco 2015

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