ἔλαιον, gli Ulivi del Salento (Film Photography)

Ogni ulivo è un albero unico, si disegna e si trasforma nei secoli portando dentro le sue curve ciò che ha attraversato, stira i muscoli contorcendosi nel tendere verso il sole, si porta dentro un urlo di dolore ma vuole sopravvivere, a tutti i costi, anche quando di lui restano solo frammenti lui germoglia  nuova vita e ricomincia il suo amaro viaggio.


Sono alberi straordinari, ti insegnano che per andare avanti devi mostrare i muscoli, le ferite diventano un racconto di quello che hanno attraversato negli anni e ne delineano il carattere. Girando attorno a questi tronchi emergono progressivamente tutte le storie che nascondono nelle varie sfaccettature, ogni angolazione o cambio di inclinazione e punto di vista offre un tassello differente di questo corpo che si contorce facendo leva su tutta la sua potenza per rispondere al tempo e a quello che porta con sé.


La mia oasi analogica nel mare digitale.

Ieri sera ho preso coraggio e li ho stampati 30x40cm, ho lasciato sedimentare per alcuni mesi gli scatti fatti agli ulivi nei dintorni di casa in Salento, ne avevo fatto alcune prove di stampa timide ma volevo preparare la serie per la mostra di Semplicemente Fotografare Live del prossimo settembre. 

Pur abitando vicino Venezia torno più volte l’anno in Puglia, ho spesso rimandato un approccio fotografico con queste sculture viventi, li vedevo sfilare dal finestrino dell’auto sulla strada per il mare da quando ero bambino e pensavo che avrei dovuto raccontarli, un giorno.
Rappresentano la mia memoria visiva del luogo dove sono nato e cresciuto, qualche foto nel corso delle mie passeggiate l’ho anche scattata da ragazzo, forse mi affidavo al pensiero della loro longevità, pensavo che li avrei trovati sempre al loro posto in qualunque momento ne avessi avuto bisogno.
Gli ultimi avvenimenti di cronaca riguardo il batterio Xylella e le sue conseguenze (anche se basterebbe un minimo di realismo non utopistico) dimostrano che purtroppo le cose non stanno proprio così, forse è meglio prendere coraggio e dedicargli qualcosa di più di uno scatto rubato.



L’ho fatto lo scorso Aprile (2015), mi ci sono perso i mezzo per alcune ore del giorno, nulla di scientifico o metodico sia chiaro, ci ho camminato in mezzo e ho scattato le foto che incontravo, attratto dalle forme della materia, dal racconto di sofferenza e risposta all’ambiente dei volumi e delle superfici, cercando di restuituire quella che è la percezione dei salti di scala che si ha quando si è al cospetto di questi alberi, da vicino. 


Torsioni, nodi, liscio e ruvido, luci ed ombre, massa e spazio, sono solo alcune delle variabili che si percepiscono in un insieme di pensieri che ci attraversano nell’osservarli cercando di “leggerli”.

Gli scatti che ne sono nati sono anche frutto di uno stato d’animo sospeso per altre ragioni familiari, un vuoto che in quel momento ho deciso di colmare prendendo la macchina fotografica e rifugiandomi nella loro ombra, mi servivano emozioni forti.

© Renato Greco 2015 - All rights reserved







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